Cassazione ordinanza n. 29880 – 20 novembre 2024
Nel caso preso in esame, la Suprema Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato dall’ex marito che lamentava, “con il primo motivo, ex art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e/o errata applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione agli artt. 143, comma III, c.c. e 316 bis, comma I c.c. nella parte in cui la sentenza impugnata ha addossato al ricorrente l’onere di dimostrare (invertendo il relativo obbligo di legge) che la propria ex coniuge non abbia partecipato al ménage familiare in osservanza dei propri obblighi derivanti dai menzionati articoli del codice civile (“prova diabolica”) e ciò anche in riferimento al principio di prossimità della prova”.
Nella motivazione, la Corte di legittimità ha precisato che “la censura si concentra sulla violazione dell’art.2697 c.c., non cogliendo la ratio della sentenza impugnata fondata sulla mancata prova contraria, a carico dell’attore, idonea a vincere la presunzione di paritario apporto di entrambi i coniugi ai bisogni della famiglia, figli inclusi, in misura corrispondente alle possibilità di ciascuno, ai sensi dell’art.316 bis c.c.”; e infatti, “La Corte ha altresì affermato che il contributo, non soltanto in denaro ma anche attraverso la propria attività domestica e di cura dei familiari conviventi, di entrambi i coniugi ai bisogni della famiglia, discendente anzitutto dal disposto dell’art.143 c.c., formava oggetto di una presunzione, che doveva essere vinta dalla prova contraria a carico dello Sc.Sa. di avere in via esclusiva provveduto alle esigenze familiari.”
A tal proposito, viene ribadito che “In tema di contribuzione per i bisogni della famiglia durante il matrimonio, ciascun coniuge è tenuto a concorrere in misura proporzionale alle proprie sostanze e, a seguito della separazione, non sussiste il diritto al rimborso di un coniuge nei confronti dell’altro per le spese così sostenute in modo indifferenziato; il menzionato principio è, tuttavia, suscettibile di deroga tramite un accordo contrattuale tra le stesse parti, in quanto lo stesso può meglio rispecchiare le singole capacità economiche di ciascun coniuge o modulare forme di generosità spontanea tra i coniugi ed è, comunque, finalizzato al soddisfacimento delle primarie esigenze familiari e dei figli, nel rispetto dei doveri solidaristici che trovano la loro fonte nel rapporto matrimoniale”.
In conclusione, pertanto, la Corte consolida ulteriormente il principio di “[…] non ripetibilità delle spese sostenute da un coniuge in favore dell’altro in quanto effettuate per i bisogni della famiglia e riconducibili alla logica della solidarietà coniugale, in adempimento dell’obbligo di contribuzione di cui all’art.143 c.c.”