Cassazione – sentenza n. 51625 del 2 dicembre 2016
L’ex marito divorziato aveva omesso di versare l’assegno di mantenimento per i figli e le spese straordinarie, sostenendo, a sua discolpa, che non solo aveva subito una consistente perdita di clienti negli ultimi anni (l’uomo svolgeva la professione avvocato) ma aveva anche dovuto pagare le rate di un mutuo contratte con un istituto di credito.
In tal modo, riteneva di non aver commesso alcun reato, perché il suo comportamento non denotava una condotta di “volontaria inottemperanza con la quale l’agente intendeva sottrarsi all’assolvimento degli obblighi impostigli con la separazione prima e il divorzio poi.”
Egli, però, a causa del suo comportamento era stato condannato dal Tribunale alla pena di mesi tre di reclusione per il reato di cui all’articolo 12 sexies legge n. 898 del 1 dicembre 1970, pena confermata, poi, dalla Corte d’Appello
Le motivazioni addotte dall’uomo non hanno convinto nemmeno i Giudici della Suprema Corte, che hanno dichiarato inammissibile il ricorso proposto dallo stesso e lo hanno condannato al pagamento delle spese processuali, poiché, si legge nella sentenza della Corte, che “la Corte d’Appello, in vero, ha esaminato la giustificazione addotta dall’imputato ed ha fornito una risposta esaustiva alle obiezioni sviluppate con i motivi di gravame ritenendo, sulla base della corretta interpretazione degli elementi probatori e della corretta applicazione delle regole della logica, di escludere che le difficoltà economiche allegate (la contrazione dell’attività di consulenza e la conseguente diminuzione delle entrate patrimoniali) sia stata tale da configurare una situazione di assoluta ed incolpevole incapacità economica, e, pertanto, idonea ad integrare una causa di forza maggiore che aveva incolpevolmente precluso all’imputato l’assolvimento dell’obbligo al quale era tenuto in forza della sentenza di omologa della sentenza di separazione prima e di divorzio poi.”
In conclusione, per i Giudici della Suprema Corte non si può escludere la penale responsabilità dell’uomo, poiché “la responsabilità per omessa prestazione dei mezzi di sussistenza non è esclusa dal’incapacità di adempiere ogniqualvolta questa sia dovuta, anche solo parzialmente, a colpa dell’agente”. Tali connotati non sono stati ravvisati nella condotta dell’uomo che, a giudizio della Corte, è stata di volontaria inottemperanza agli obblighi che aveva per legge.