Cassazione, VI Sez pen. – sentenza n. 11364/2020
La Corte di Cassazione, investita del ricorso di un padre condannato in primo e in secondo grado per il reato di cui all’art. 570 c.p., accogliendo il ricorso dell’uomo, annulla la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Firenze. I motivi posti alla base del ricorso e ritenuti fondati dalla Suprema Corte concernono la mancata assunzione di prove decisive e la mancata rinnovazione dell’istruttoria in sede di appello.
In particolare si legge, nelle motivazioni della Suprema Corte che: “Non è in contestazione che l’imputato sia stato rimesso in termini per impugnare la sentenza di condanna emessa dal Tribunale e che con l’atto di appello fosse stata chiesta la rinnovazione della istruttoria dibattimentale riguardo alle testimonianze indicate; il tema di prova, posto a fondamento della richiesta, era quello di dimostrare che (omissis) avesse lapidato le proprie sostanze al punto da essersi “ridotto a chiedere l’elemosina e che sopravvive grazie alla Caritas ed agli altri centri di assistenza” (così l’atto di appello, pag. n. 8, con cui si faceva riferimento alle affermazioni del curatore fallimentare rese nel processo avente ad oggetto il reato di bancarotta).
Dunque, un fatto che, anche solo in ragione della contestazione “aperta” della permanenza della condotta delittuosa attribuita al ricorrente, ineriva alla prova delle condizioni economiche dell’imputato, della sua impossibilità colpevole di adempiere, almeno in un dato momento temporale, e, dunque, alla prova della stessa esistenza del reato.”.
A fronte di tale specifico motivo di appello la Corte, nell’ambito di una motivazione obiettivamente stringata, ha ritenuto che il tema di prova riguardasse solo “le modalità di ristrutturazione della casa familiare” e, quindi, che non fosse pertinente rispetto all’oggetto del processo. Si tratta di un’affermazione di principio errata; il tema della ristrutturazione della casa aveva una chiara valenza pregiudiziale nella ricostruzione alternativa lecita dell’imputato ed era collegato indirettamente alla stessa configurabilità del reato, tenuto conto, peraltro, del principio di prova già a disposizione della stessa Corte d’Appello, costituito dalle dichiarazioni del curatore fallimentare, di cui si è già detto”.