Cassazione – ordinanza n. 22219 – 12 settembre 2018

La vicenda esaminata dalla Cassazione, si riferisce ad una decisione del Tribunale di Roma che, dichiarando la separazione personale tra i coniugi, rigettando la domanda di addebito avanzata dal marito nei confronti della moglie, disponeva l’affidamento condiviso ad entrambi i genitori della figlia minore con collocamento della stessa presso la madre, cui veniva assegnata l’abitazione familiare, stabilendo le modalità e i tempi delle frequentazioni fra padre e figlia, limitando le visite paterne ad un solo giorno settimanale e determinando la misura del contributo paterno al mantenimento della discendente.

La Corte d’appello confermava i provvedimenti del giudice di primo grado. Quindi, l’uomo ricorreva in Cassazione, lamentando, fra l’altro, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., la violazione o la falsa applicazione dell’art. 155 cod. civ., sostituito dall’art. 337-ter cod. civ., nonché l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo: entrambi i giudici di merito avrebbero applicato il regime di affido condiviso come se fosse un affido esclusivo, prevedendo la possibilità per la minore di vedere il padre per un solo giorno a settimana e ledendo così il suo diritto a ricevere cure, educazione e istruzione con paritaria presenza di entrambi i genitori.

I giudici della Suprema Corte, nel respingere il ricorso proposto, osservano che: “La regola dell’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori, prevista in precedenza dall’art. 155 cod. civ. con riferimento alla separazione personale dei coniugi e ora dall’art. 337-ter cod. civ. per tutti i procedimenti indicati dall’art. 337-bis cod. civ., non esclude che il minore sia collocato presso uno dei genitori e che sia stabilito uno specifico regime di visita con l’altro genitore (Cass. n. 18131/2013). Attiene poi ai poteri del giudice di merito fornire una concreta regolazione del regime di visita secondo modalità che non sono sindacabili, nelle loro specifiche articolazioni, in sede di giudizio di legittimità, ove invece è possibile denunciare che il giudice di merito abbia provveduto a disciplinare le frequentazioni dei genitori dichiarando di ispirarsi a criteri diversi da quello fondamentale, previsto in passato dall’art. 155 c.c. e ora dall’art. 337-ter c.c., dell’esclusivo interesse morale e materiale dei figli. Nel caso di specie la corte territoriale ha inteso correttamente riportarsi a tali principi laddove, dopo aver registrato le buone condizioni della minore pur in presenza di una esasperata conflittualità tra i genitori, ha provveduto a stabilire in maniera rigida tempi e modalità di frequentazione fra il padre e la discendente, per sedare il continuo contrasto esistente fra i genitori ed evitare che la bambina fosse costretta a difendersi dai loro conflitti”.

La Cassazione conferma quindi l’orientamento secondo cui l’affido condiviso non equivale ad affido paritario, ossia ad una perfetta ripartizione di tempi con entrambi i genitori