Cassazione Penale, Sez. VI – sentenza n. 31409 – 10 novembre 2020
La vicenda presa in esame dalla Corte di cassazione vede protagonisti una giovane coppia dell’Ucraina accusata del delitto di alterazione di stato ex art. 567 c.p., poiché innanzi all’Ufficiale dello Stato civile del Comune di residenza – avevano attestato l’avvenuta filiazione naturale di una minore nata, in realtà, nel summenzionato paese estero attraverso la c.d. “maternità surrogata” che, come è noto, è vietata da parte della legislazione italiana.
il Tribunale di Cuneo, in funzione di giudice per il riesame delle misure cautelari reali, annullava il decreto di perquisizione e sequestro della Procura della Repubblica presso il medesimo Tribunale, disposto in relazione al reato di cui all’art. 567 c.p. contestato agli indagati, ritenendo che la pratica della maternità surrogata non potesse essere tale da configurare il reato di cui all’art. 567 c.p., poiché tale pratica era lecita nello stato dell’Ucraina, luogo di nascita della minore.
Il Procuratore della Repubblica di Cuneo presentava ricorso per cassazione avverso la citata ordinanza chiedendone l’annullamento, rilevando il divieto di trascrizione nell’ordinamento italiano dell’atto di nascita della minore nata all’estero secondo la pratica della “maternità surrogata”, facendo presente inoltre che nel nostro ordinamento vige un divieto sanzionato penalmente per chi ricorre a tale pratica.
La Cassazione rigettava il ricorso, motivando nel seguente modo: “Va innanzi tutto rilevato che la legge ucraina ammette il ricorso alla surrogazione di maternità a condizione che il 50% del patrimonio genetico del nascituro provenga dalla coppia committente, per cui il certificato di nascita di un bambino nato in Ucraina facendo ricorso a detta pratica è perfettamente legittimo secondo la legge di tale Paese quando la metà del patrimonio genetico provenga da uno dei genitori committenti. Ciò vale per il certificato di nascita della piccola G.V. laddove G.G. risulta essere il padre biologico della stessa.Data tale premessa, correttamente il Tribunale ha ritenuto che non ricorrano i presupposti per ritenere integrata, sotto il profilo materiale, la condotta sanzionata dall’art. 567 c.p.. Ai fini della configurabilità di tale delitto, è necessaria un’attività materiale di alterazione di stato che costituisca un quid pluris rispetto alla mera falsa dichiarazione e si caratterizzi per l’idoneità a creare una falsa attestazione, con attribuzione al figlio di una diversa discendenza, in conseguenza dell’indicazione di un genitore diverso da quello naturale (Sez. 6, n. 47136 del 17/09/2014, P., Rv. 260996). Nella fattispecie in esame, le attestazioni relative alla minore, che gli indagati hanno reso sulla base di una certificazione stilata in Ucraina, non integrano certificazioni o attestazioni “false”, risultando viceversa legittime secondo la lex loci, che ammette la maternità surrogata eterologa nel caso in cui il patrimonio biologico del minore appartenga per il 50% ai genitori committenti.
Sono del resto numerose le pronunce di questa Corte che hanno escluso l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 567 c.p. nel caso di dichiarazioni di nascita effettuate ai sensi del D.P.R. n. 396 del 2000, art. 15 in ordine a cittadini italiani nati all’estero e rese all’autorità consolare sulla base di certificato redatto dalle autorità ucraine che li indichi come genitori, in conformità alle norme stabilite dalla lex loci (Sez. 6, n. 48696 del 11/10/2016, M., Rv. 272242; Sez. 5, n. 13525 del 10/03/2016, E., Rv. 266672).
Attesa l’obiettiva insussistenza del fumus commissi delicti il ricorso si palesa infondato e va respinto.”