Cassazione – sentenza n° 20137 – 3 settembre 2013
La Corte di Cassazione è tornata nuovamente a pronunciarsi sulla questione del dovere dei genitori di mantenere i figli maggiorenni, confermando quanto aveva già ampiamente chiarito in precedenza.
Per i giudici della Suprema Corte, infatti, “il dovere di mantenimento del figlio maggiorenne gravante sotto forma di corresponsione di un assegno sul genitore non convivente, cessa all’atto del conseguimento, da parte del figlio, di uno status di autosufficienza economica consistente nella percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita in relazione alle normali e concrete condizioni di mercato.”
La fattispecie in esame ha per oggetto una figlia maggiorenne, riconosciuta tardivamente dal proprio padre, che, essendo una modesta impiegata, chiedeva al padre un assegno di mantenimento, facendo presente che, se fosse stata riconosciuta prima, considerata l’elevata condizione sociale del padre, avrebbe potuto conseguire posizioni lavorative migliori nella vita, con conseguente maggiore guadagno.
In base a ciò, in precedenza il padre era stato condannato dai giudici di merito a versare, la somma di euro 1500,00 mensili in favore della figlia, sul presupposto, appunto, che la situazione economica della stessa sarebbe stata notevolmente migliore se avesse potuto studiare e conseguire titoli professionali più elevati, in linea con la famiglia di origine.
Secondo la Suprema Corte, invece, che ha annullato le decisioni dei giudici di merito, l’attribuzione dell’assegno di mantenimento “è stata fondata su ragioni improprie rispetto alla sua domanda di mantenimento, essenzialmente ricondotte a perdite di chances rispetto ad una migliore e più proficua sua formazione personale e collocazione economico sociale…”
Non può essere, quindi, la perdita di chances a giustificare l’attribuzione dell’assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne.