Cassazione, ordinanza del 27 febbraio 2024 n. 5177
Il caso preso in esame dalla Suprema Corte riguarda il mantenimento di una figlia, ormai trentenne, priva di indipendenza economica che si trovava in una situazione di disturbo della personalità di tipo borderline. Tale disturbo aveva determinato, per decisione del Tribunale di Livorno prima e della Corte di Appello poi, il persistere dell’obbligo del genitore di riconoscere l’assegno di mantenimento, escludendo l’applicazione del principio di autoresponsabilità del figlio ultramaggiorenne.
A tal proposito la Suprema Corte premette che: “secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini del riconoscimento dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il giudice di merito è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all’età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo, fermo restando che questo obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, poiché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e (purché compatibili con le condizioni economiche dei genitori) aspirazioni. (Cass. 17183/2020).
Pertanto, l’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carico del richiedente, vertendo esso sulla circostanza di avere il figlio curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica o di essersi, con pari impegno, attivato nella ricerca di un lavoro; di conseguenza se il figlio è neomaggiorenne e prosegua nell’ordinario percorso di studi o universitari o di specializzazione, già questa circostanza è idonea a fondare il suo diritto al mantenimento; viceversa “per il “figlio adulto, in ragione del principio dell’autoresponsabilità, sarà particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze, oggettive ed esterne, che rendono giustificato il mancato conseguimento di un’autonoma collocazione lavorativa (Cass. 26875/2023). Se il riconoscimento del diritto al mantenimento dipende dal fatto che il figlio abbia curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e si sia attivato nella ricerca di un lavoro, allora la presenza di una patologia (a meno che la stessa non integri la condizione di grave handicap, che comporterebbe automaticamente l’obbligo di mantenimento; Cass. 21819/2021) influisce sul diritto al mantenimento se e nella misura in cui incide sulle capacità di impegno nella preparazione professionale o tecnica e nella ricerca lavorativa.”
La Corte di Cassazione aggiunge, infine, che: “il figlio di genitori divorziati, nel caso in cui abbia ampiamente superato la maggiore età e non abbia reperito un’occupazione lavorativa stabile (o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente), non può soddisfare l’esigenza ad una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l’attuazione dell’obbligo di mantenimento del genitore, bensì attraverso i diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito, ferma restando l’obbligazione alimentare da azionarsi nell’ambito familiare per supplire ad ogni più essenziale esigenza di vita dell’individuo bisognoso (Cass. 29264/2022). Questo principio non soffre eccezioni ove il figlio ultramaggiorenne non autosufficiente risulti affetto da qualche patologia, ma non tale da integrare – come appena detto – la condizione di grave handicap che comporterebbe automaticamente l’obbligo di mantenimento.”