Cassazione, Sez. VI Civ, sentenza n. 11633/2020 – 16 giugno 2020
A seguito dell’annullamento del matrimonio da parte del Tribunale ecclesiastico, l’ex coniuge si rivolge alla Corte d’Appello ai fini della delibazione della sentenza ecclesiastica. I giudici d’Appello tuttavia, rigettano la questione proposta dal ricorrente, ritenendo non provata la conoscenza o conoscibilità da parte della moglie della volontà del marito di non avere figli. Il ricorrente adisce la Corte di Cassazione per violazione e falsa applicazione dell’Accordo di Revisione del Concordato Stato-Chiesa, ritenendo che “non poteva essere negata la delibazione nel caso di specie, dovendosi affermare il principio secondo cui non è consentito il rilievo d’ufficio della contrarietà all’ordine pubblico della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario, quando parte convenuta non si opponga all’accoglimento della domanda o non sollevi l’eccezione in senso stretto”.
La Suprema Corte rigetta la questione sulla scorta di una pluralità di argomentazioni. In primo luogo afferma che il principio meritevole di tutela nel caso di specie fosse quello relativo alla tutela della buona fede e dell’affidamento incolpevole e che dunque i giudici del merito dovessero indagare, come nel caso di specie hanno fatto, su “la conoscenza o l’oggettiva conoscibilità dell’esclusione di uno dei bona matrimonii, da parte dell’altro coniuge”. Ritiene pertanto corretta la valutazione compiuta dai giudici d’Appello, i quali hanno constatato la violazione del suddetto principio di ordine pubblico nei confronti della moglie.
In secondo luogo la Cassazione, confermando la decisione di merito, ha sottolineato la rilevabilità d’ufficio della contrarietà all’ordine pubblico della delibazione nel caso di specie, non ricorrendo la diversa ipotesi della convivenza dei coniugi da almeno tre anni, condizione idonea, nel caso di specie trattato dalle Sezioni Unite della Cassazione (Cass. sez. u. n. 16379/2014), a derogare alla rilevabilità d’ufficio.