Cassazione, ordinanza n. 30726 – 29 novembre 2024

La questione presa in esame dalla Corte di Cassazione riguarda una decisione della Corte d’Appello che aveva ritenuto condivisibile la decisione del tribunale di Messina, con la quale era stato ritenuto di dover valorizzare, ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile, esclusivamente la componente assistenziale, non avendo l’appellante fornito alcuna prova relativamente ad un proprio sostanziale contributo alla formazione del patrimonio della famiglia e dell’ex coniuge, né, tantomeno, di aver sacrificato le proprie aspettative professionali per dedicarsi alla famiglia”, ed essendo, piuttosto, emersi elementi di segno contrario.

La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso proposto dalla ex moglie, ribadisce un orientamento già consolidato, specificando che : “In tema di attribuzione dell’assegno divorzile e in considerazione della sua funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa, il giudice del merito deve accertare l’impossibilità dell’ex coniuge richiedente di vivere autonomamente e dignitosamente e la necessità di compensarlo per il particolare contributo dato, durante la vita matrimoniale, alla formazione del patrimonio comune o dell’altro coniuge, nella constatata sussistenza di uno squilibrio patrimoniale tra gli ex coniugi che trovi ragione nelle scelte fatte “manente matrimonio”, idonee a condurre l’istante a rinunciare a realistiche occasioni professionali-reddituali, la cui prova in giudizio spetta al richiedente”