Cassazione, ordinanza 6 febbraio 2025, n. 2941 La Corte di Cassazione, ha esaminato il caso di una separazione, relativamente a cui, in primo grado, il Tribunale di Modena aveva assegnato la casa familiare alla madre con collocazione dei minori presso la stessa e regolamentazione delle visite paterne, fissando, altresì,  un assegno a carico del padre di euro 200,00 mensili per ciascuno dei due figli, oltre il 60% delle spese straordinarie. La Corte di Appello di Bologna, poi, aveva confermato sostanzialmente l’impugnata sentenza riguardo al collocamento dei minori e al contributo al mantenimento da parte del padre. Quest’ultimo, quindi, proponeva ricorso in Cassazione affidandosi a due motivi. Con il primo motivo veniva censurato l’iter motivazionale seguito dalla Corte territoriale, nella parte in cui aveva confermato l’assegnazione della casa familiare alla madre ed i tempi di visita già disciplinati dalla sentenza di primo grado, rilevando che il giudice di merito avrebbe omesso di esplicitare il percorso che ha condotto ad escludere la collocazione alternata dei minori con tempi paritetici presso entrambi i genitori e che pertanto la motivazione addotta sarebbe al di sotto di quel minimo costituzionale. Tale motivo di ricorso non veniva accolto da parte della Suprema Corte, che motivava così il mancato accoglimento: “Il primo motivo è infondato nella parte in cui deduce la nullità della sentenza per assenza di motivazione. La Corte di merito ha spiegato in modo chiaro e compiuto le ragioni del proprio convincimento in ordine alle ragioni che hanno indotto a disporre una collocazione prevalente presso la madre di entrambi i figli, con un percorso argomentativo certamente superiore alla soglia del “minimo costituzionale”, consentendo così il controllo sull’esattezza e sulla logicità della motivazione, sicché non ricorre il vizio motivazionale denunciato. Si legge infatti che l’alternanza abitativa renderebbe difficoltosa la gestione tenuto conto dell’età dei minori che necessitano per il loro sereno equilibrio della sicurezza di una routine consolidata oltre che di spazi e punti di riferimento. La Corte di appello, pur mantenendo l’affidamento condiviso dei figli della coppia, ha ritenuto che il loro collocamento prevalente dovesse essere effettuato presso una unica abitazione, sia pure garantendo al genitore non collocatario con ampi diritti di incontro.” Concludeva, infine, la Corte sul punto che: “La questione dell’affidamento della prole è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, il quale, ove dia sufficientemente conto delle ragioni della decisione adottata, esprime un apprezzamento di fatto non suscettibile di censura in sede di legittimità (Cass. n. 28244 del 04/11/2019).” Con il secondo motivo si lamenta sostanzialmente che la sentenza impugnata non è stata conforme a diritto, avendo la Corte di appello di Bologna quantificato il contributo paterno al mantenimento dei figli senza tenere conto dei parametri normativamente previsti e con malgoverno del principio di proporzionalità, sia con riferimento al mantenimento ordinario che alla ripartizione delle spese straordinarie tra i genitori. Si lamenta che la Corte non avrebbe indicato quali siano le effettive disponibilità della madre comparate con quelle del padre (limitandosi ad un generico richiamo), ed avrebbe omesso ogni accertamento e verifica delle disponibilità reddituali dei genitori (nonostante le specifiche contestazioni di C.G., il giudice di merito ha omesso l’adeguata verifica delle disponibilità economiche della V.M.), non avrebbe poi valutato le attuali esigenze dei figli (di anni 12 e 9) né il tenore di vita da loro goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori. La Corte di Cassazione accoglie il secondo motivo, ritenendolo fondato sotto il profilo della violazione di legge e rinviando alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione, poiché nella decisione della Corte d’Appello “Non vi è alcun riferimento alle condizioni reddituali e patrimoniali del padre dei ragazzi considerate all’attualità né alcuna considerazione circa i tempi paritari e né alcuna considerazione sulle reali capacità economiche della madre a fronte delle specifiche contestazioni svolte dall’odierno ricorrente accompagnate da una produzione documentale, né alcuna considerazione degli oneri di spese locativa di cui è gravato il padre. Non risulta ponderato alcun elemento concreto per verificare il rispetto del principio di proporzionalità, regolato dall’art. 337 ter, comma 4, c.c., sia nella determinazione del contributo periodico al mantenimento dei figli sia nella partecipazione solo in termini percentuali alle spese straordinarie ad essi relative.” In conclusione, La Suprema Corte rileva che nella decisione dei giudici di secondo grado  “non c’è alcuna comparazione tra le condizioni economico patrimoniali delle parti da cui poter comprendere come è stato applicato il criterio di proporzionalità, tenuto anche conto dell’ampia partecipazione non contestata del ricorrente alla vita quotidiana e all’accudimento dei figli.”