Cassazione – sentenza n. 42145 – 31 dicembre 2021
La vicenda fa riferimento al ricorso di una donna avverso la decisione della Corte di Appello di Torino di revocare l’assegno di mantenimento che l’ex marito versava in suo favore, nella misura di euro 300 mensili.
La Corte, infatti, aveva ritenuto che la donna fosse economicamente autosufficiente, poiché assegnataria della casa familiare, proprietaria di diverse altre unità immobiliari e in possesso di una laurea in giurisprudenza, che “avrebbe potuto assicurarle, ove messa a frutto, adeguati redditi”.
La Suprema Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della donna.
Nelle motivazioni della Corte, infatti, si legge che “la condizione della ex moglie, come confermato anche in appello dalla Corte torinese, è complessivamente più solida del marito e tanto è stato fin dall’inizio della vita matrimoniale in ragione di una più forte consistenza reddituale della famiglia di origine che ha formato il livello reddituale della prima, come poi mantenuto in costanza di matrimonio. La Corte di merito, affidando l’assunta statuizione a due rationes decidendi, ha escluso, da un canto, lo squilibrio economico-patrimoniale tra le parti che, insussistente al momento del matrimonio, non ha determinato, per ciò stesso, un impoverimento al venir meno del vincolo coniugale della ex moglie che godeva e continua a godere di immobili ed entrate in ragione dell’agiata posizione economica della famiglia di origine, pur non lavorando.”
I giudici della Suprema Corte hanno poi aggiunto “Per ulteriore ratio, complementare alla prima, i giudici di appello hanno ritenuto che la signora, avvocato, abbia un titolo che le consenta di immettersi sul mercato del lavoro restando comunque titolare di redditi che le garantiscono un’ampia autosufficienza economica.”
Dunque, le doglianze della donna sono state ritenute inammissibili ed è stata condannata, inoltre, a rifondere all’ex marito le spese di lite.