Cassazione, ordinanza n. 16051 del 10 giugno 2024
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, è stata chiamata a pronunciarsi in merito ad un reclamo avverso la decisione del tribunale che, nel giudizio di modifica delle condizioni di divorzio, aveva respinto la richiesta , da parte dell’ex marito, di revoca dell’assegno divorzile già disposto in favore della ex moglie, nonché la richiesta di assegnazione della casa familiare. La Corte d’appello aveva respinto il gravame, rilevando che seppure il ricorrente avesse dato la prova che la sua ex moglie frequentava stabilmente un altro uomo, la frequentazione non aveva caratteristiche di convivenza familiare connotata da un comune progetto di vita e dalla assunzione di obblighi economici ed assistenziali, che possano far venire meno l’obbligo dell’assegno divorzile a carico dell’ex coniuge la cui natura compensativa, tenuto conto dell’impegno profuso per oltre 20 anni dalla donna nei confronti del marito e dei figli, permane invariata. La Corte distrettuale aveva rilevato inoltre che non vi era stato peggioramento delle condizioni economiche del ricorrente e che entrambi i figli delle parti, maggiorenni, avevano perso ogni legame con la casa familiare.
La Suprema Corte, dichiarando il ricorso inammissibile, relativamente al punto dell’assegnazione della casa familiare osserva che: “La Corte distrettuale ha accertato che entrambi i figli, maggiorenni, avevano ormai perso il legame con la casa familiare e in particolare che Ma. aveva lasciato la casa coniugale a causa del conflitto con la madre ed era andata a vivere con il padre presso i nonni paterni; di conseguenza si è perduto quel collegamento stabile con la casa familiare, che giustifica l’assegnazione (Cass. n. 11844/2019).
È rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito valutare la sussistenza dei presupposti per l’assegnazione, e tra questi se la dimora costituisca o meno l’habitat dei figli: peraltro deve anche tenersi presente che detta valutazione va fatta caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all’età dei beneficiari (Cass. n. 17183 del 14/08/2020) e che può ragionevolmente ritenersi che un giovane adulto, pur se ancora economicamente non autosufficiente, si adatti più facilmente ai cambiamenti rispetto ad un minore di età, e comunque può autonomamente decidere i suoi spostamenti. La casa familiare, una volta persa la sua caratteristica di habitat dei figli, segue il regime dato dal titolo di proprietà e quindi non è precluso, in caso di comproprietà, a ciascuno dei comunisti di farne uso.”